Neuroplasticità sinaptica e processi educativi. La prospettiva neuropedagogica

Debora Di Jorio

Centro Psicopedagogico Formazione Studi e Ricerche OIDA – Italia

Plasticità sinaptica e processi di apprendimento: La prospettiva neuropedagogica

Pubblicazione sul sito Lidsen 2020: https://www.lidsen.com/journals/neurobiology/neurobiology-04-02-063

La storia di ogni individuo è fondamentalmente la storia dei suoi processi di apprendimento e delle sue relazioni a partire dalla nascita, la storia dei processi di apprendimento non è altro che una continua stratificazione di esperienze che poggiano su un patrimonio biologico e neurofunzionale geneticamente impostato e culturalmente condizionato dunque soggetto a pressioni medio ambientali che modificano e rimaneggiano il comportamento in un incessante divenire.

Gli studi neuroscientifici degli ultimi decenni mettono in risalto una caratteristica peculiare del sistema nervoso umano costituita dalla plasticità neuronale, una condizione che rende possibile l’evoluzione di requisiti benefici o dannosi alla salute della persona.

Nello stesso momento in cui un neonato viene alla luce, inizierà a subire un vero e proprio bombardamento di stimoli di diversa natura che il suo cervello dovrà lentamente collegare a qualcosa o a qualcuno e a cui dovrà dare gradualmente significato perché sia messo successivamente nelle condizioni di interagire in maniera coerente con essi per propria utilità e  gratificazione.

Tutto ciò di cui la natura lo ha dotato, sarà il bagaglio biologico disponibile e necessario per relazionarsi con quanto lo circonda. Il suo sistema sensoriale lo renderà capace di interpretare il dato ambientale e di rispondere ad esso mediante sequenze motorie che si coordineranno in maniera via via sempre più complessa e mirata, per agire significativamente nello spazio sotto la guida dell’orientamento visivo.

La presenza umana, dispensatrice di cure, sarà il presupposto imprescindibile non solo della  sopravvivenza, ma anche della trasmissione di ogni apprendimento di tipo esplicito. Il cucciolo d’uomo imparerà presto che ad ogni suo richiamo seguirà una reazione protesa a soddisfare ogni sua esigenza e questo genere di esperienza contribuirà a strutturare nel corso del tempo la fiducia nell’ambiente e in ciò che è altro da sé, ma avrà anche un peso determinante nel gettare le basi dell’autostima.

Alla luce di ciò le dinamiche educative assumono la loro importanza all’interno delle possibilità emergenti dal campo relazionale. Tali dinamiche in quanto appannaggio caratteristico del sapere pedagogico non possono non tenere conto di quelle distinte condizioni biologiche e ambientali da cui poter ricavare risorse idonee a favorire il sano sviluppo della persona attraverso mirate stimolazioni connesse alle diverse aree cerebrali.

Il neurologo Oliver Sacks precorse i principi di una prospettiva educativa nuova che trova i suoi presupposti nella neuropedagogia quando nel suo romanzo Un antropologo su Marte sottolinea l’importanza dell’osservazione e della conoscenza da parte di un pedagogo del percorso specifico intrapreso dal sistema nervoso di un bambino deficitario per raggiungere una qualsiasi forma di adattamento qualitativamente diverso perché un progetto educativo/rieducativo possa perseguire i suoi obiettivi tenendo conto dell’unicità di ogni essere umano.

Di qui la necessità per il pedagogista di approfondire il proprio sapere  sullo sviluppo del cervello perché in ognuno possa essere individuata una modalità di apprendere personale non standardizzata.(Un antropologo su Marte – Adelphi pp 17-18)

La rete di connessioni sinaptiche che viene a crearsi nel corso dell’esistenza umana, a prescindere dalla condizione di partenza, è infatti  influenzata dalle informazioni, dai contatti e dalle relazioni che ogni persona vive quotidianamente, tali esperienze sono il risultato integrato di ragionamenti, azioni sentimenti, percezioni della realtà esterna che si intreccia continuamente con i vissuti interiori pregressi, così come vengono interpretati nel presente, e che dialogano incessantemente con le stimolazioni ambientali esterne creando forme di adattamento esclusive che, come sottolineano Ansermet e Magistretti, non pregiudicano alterandolo in modo radicale, il fondamento deterministico della modalità di apprendimento orientata da una condizione biologica che la plasticità stessa genera mediante tracce durevoli lasciate dall’esperienza.

La moltitudine di dati con cui ci interfacciamo continuamente, è soggetta ad una selezione e ad un’interpretazione che non può non tenere conto di una realtà psichica interna o da quello che da una cornice fenomenologica chiameremmo narrazione, e di una storia evolutiva cui l’individuo fa appello ogniqualvolta necessita di contestualizzare la sua azione/reazione.

Partendo infatti dall’importanza dei fattori epigenetici, la stessa espressione di un gene, sostiene Kandel, potrebbe essere causata dalle caratteristiche peculiari di una determinata esperienza che ne programmerebbe l’esistenza.   (Francois Ansermet  Pierre Magistretti A ciascuno il suo cervello – Bollati Boringhieri 2016 – p.9)

Da questo quadro verrebbe pertanto fuori una fisionomia individuale umana contraddistinta grazie alla plasticità neuronale, dall’integrazione di elementi nuovi con i vecchi, di patrimonio genetico, processi psichici e realtà ambientale, il tutto poggiante su uno sfondo deterministico e suscettibile al cambiamento graduale come l’evoluzione insegna.

Ciò darà adito ad interpretazioni dei dati ambientali non sempre efficaci in termini di risposta, ma sicuramente individuali. Ciascuno sarà portato, ad ogni età della vita, a rispondere non solo in base ai requisiti fisici, funzionali e fisiologici di cui dispone, ma anche in base alla portata emotiva che tali dati possono scatenare e che avrà il suo peso sulla stessa motivazione a reagire, sulla modalità di risposta e sul tipo di decisione presa benchè spesso inconscia. (Francois Ansermet  Pierre Magistretti Gli enigmi del piacere– Bollati Boringhieri 2016 – pp 137-154)

Beau Lotto nel suo saggio di neuroscienze dedicato alla percezione, evidenzia quanto la parzialità delle informazioni di cui in generale disponiamo, consenta al cervello di dare una rappresentazione della realtà pur sempre limitata e mai esaustiva, incerta e vagamente possibile, pertanto soggetta a rimaneggiamenti continui del vissuto ambientale da cui l’esperienza relazionale e nella fattispecie  l’azione educativa, in quanto risorsa del percorso di crescita individuale, non possono prescindere.

Benché tutte le informazioni che percepiamo possono essere insignificanti, senza milioni di   ambiguità simultanee e interattive il cervello non avrebbe niente con cui nutrire il suo potente sistema di interpretazione….Il contesto e le relazioni che lo definiscono sono in continuo cambiamento. All’interno necessità di elaborazione di significati e di questa esigenza di adattamento l’azione rappresenta un ponte per integrare le percezioni passate con le presenti.

(Beau Lotto – Percezioni – Bollati Boringhieri 2017- pp 109-111)

Un ruolo centrale è rivestito dalla motricità i cui circuiti coinvolgono non solo la corteccia, ma anche una serie di sistemi situati in aree profonde dell’organizzazione neurologica fra cui i gangli della base e in essi il magazzino delle emozioni rappresentato dall’amigdala.

Nei primi mesi di vita il bambino sollecitato continuamente da una percezione integrata di stimoli di varia natura e prevalentemente visivi,  adotterà semplici schemi motori finalizzati ad orientare l’uso della mano nello spazio per raggiungere oggetti e persone esercitando la prensione e in seguito la presa digitale, con l’aiuto dell’adulto che offrirà il terreno di sperimentazione di volta in volta più adeguato differenziando oggetti da porgere e nominare favorendo il linguaggio, i processi di categorizzazione e classificazione, la costanza percettiva e la selezione delle funzioni d’uso.

Nella fase del gattonamento, la maturazione muscolare e della visione binoculare gli consentiranno di dirigere più liberamente il corpo nello spazio e avvertire maggiore autonomia nel raggiungimento di piccoli traguardi prefigurati quale risultato  di un apprendimento fondamentalmente imitativo.

L’esperienza motoria sarà il primo reale veicolo di scambio relazionale; più le abilità sensorimotorie matureranno, più il bambino sarà in grado di riconoscere gli altri e le loro intenzioni e questo anche grazie al compito svolto dai neuroni specchio, scoperti all’inizio degli anni novanta da Giacomo Rizzolatti e un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma; essi attivano la corteccia premotoria e parietale di un individuo che esegue o che osserva un movimento eseguito da un altro essere umano, comprendendo, in tale evento, secondo gli autori della scoperta, il risvolto emotivo dell’esperienza vissuta o anche solo osservata.

I circuiti motori, emotivi e motivazionali, sono collegati fra loro e finalizzano ogni azione al soddisfacimento di un bisogno e a sostegno di ciò Rizzolatti, riprendendo precedenti intuizioni di Edmond Husserl, riconosce nell’impiego di un oggetto il legame al corpo umano come di estensione di uno dei suoi organi limitatamente all’uso che di quell’oggetto viene fatto, cosicché la visione che avremo di quella esperienza non sarà limitata al nostro individuale legame fisico a ciò che ci circonda, alla nostra posizione nello spazio e ai requisiti motori che ci appartengono, ma si estenderà anche al corpo degli altri che vengono riconosciuti come simili a noi. Da questo punto di vista ogni esperienza motoria sarà vista anche come esperienza sociale, come possibilità di condivisione, come azione poggiante sullo sfondo intersoggettivo. (Giacomo Rizzolatti So quel che fai – Raffaello Cortina Editore 2006 pp 75-76)

Ecco perché l’azione educativa che si arricchisce di questa consapevolezza conoscitiva diviene azione neuro-educativa, finalizzata al potenziamento delle abilità cognitive umane attraverso processi di apprendimento generalizzato (percezione, motricità, linguaggio)  e didattico (abilità di lettura, scrittura, calcolo), che stimolino l’attività motoria e manipolativa incentivando il campo relazionale e le ricadute in termini di esperienza  e condivisione sociale. Il tutto mediante un lento e intenso percorso di stimolazioni mirate che incideranno sui livelli più profondi della maturazione cerebrale.

Come scrive Alberto Oliverio: l’educazione ha il compito di dare forma al cervello e al centro della neuropedagogia c’è la plasticità neuronale del cervello che produce neuroni e un’infinità di connessioni sotto l’influenza dell’esperienza (Alberto Oliverio Il cervello che impara – Giunti – 2017 p 6), il cui potenziale, ricorda Stanislas Dehaene, è pari a quello dei geni: “Bisogna dire e ripetere ai genitori dei bambini dislessici che la genetica non è una condanna per l’eternità; che il cervello è un organo plastico, perennemente in costruzione, dove l’esperienza detta legge tanto quanto il gene; che le anomalie delle migrazioni neurali, quando esistono, colpiscono solo piccolissime regioni della corteccia; che il cervello del bambino comprende milioni di circuiti ridondanti che possono compensarsi tra loro; e che, infine, la nostra capacità di intervento non è nulla: ogni nuovo apprendimento modifica l’espressione dei nostri geni e trasforma i nostri circuiti neurali. (Stanislas Dehaene I neuroni della lettura – Raffaello Cortina Editore – 2007 pp 296-297)

Proprio Dehaene sulla base di questa risorsa peculiare del sistema nervoso umano teorizza l’ipotesi del riciclaggio neuronale quando parla della capacità dei neuroni destinati ad un particolare compito di convertire il proprio ruolo. I neuroni, ad esempio, capaci di immagazzinare ed elaborare visivamente forme di oggetti sono stati riciclati in neuroni specializzati nella decodifica di segni grafici e nella fattispecie di lettere creando la predisposizione naturale alla lettura nell’area occipito-temporale sinistra.  (Stanislas Dehaene I neuroni della lettura – Raffaello Cortina Editore – 2007 pp 354-359-360)

Alla base della progettazione neuropedagogica c’è dunque l’esercizio funzionale il cui canale privilegiato è il corpo, il corpo  che si muove nel mondo e cambia, un corpo che incarna le risorse della mente che esprime emozioni e supera la dicotomia cartesiana tra cosa pensante e cosa estesa, perché il corpo è espressione diretta delle emozioni e come sostiene Damasio:  le emozioni non sono completamente avulse dal ragionamento, così come non lo sono i sentimenti di cui il corpo è principale canale di trasmissione.

Per Damasio:  “ i sentimenti non sono né inafferrabili né sfuggenti, contrariamente a quanto ritiene l’opinione scientifica tradizionale essi sono altrettanto cognitivi quanto gli altri percetti. Son il risultato di una straordinaria sistemazione fisiologica che ha fatto del cervello l’avvinto uditorio del corpo”.(Antonio Damasio L’errore di Cartesio – Adelphi 2012 p 22)

La loro funzione è collegata al raggiungimento dell’omeostasi di cui sono i rappresentati mentali nel tentativo evolutivo dell’uomo di raggiungere un equilibrio che ha per fine ultimo la sopravvivenza della specie. (Antonio Damasio Lo strano ordine delle cose – Adelphi – 2018 p.136)

Come lo stesso Damasio riporta, un secolo prima William James affermava: “Per me è del tutto impossibile pensare quale genere di emozione rimarrebbe se non fosse presente il sentire del battito cardiaco o una contrazione del respiro o un tremito delle labbra..”. (cit in Antonio Damasio L’errore di Cartesio – Adelphi 2012 p 189)

Il coinvolgimento corporeo nell’esperienza di apprendimento risulta alla luce di ciò più che evidente. Quanto più l’esperienza sarà emotivamente pregnante e tangibile tanto più la sua traccia resterà incisiva nella memoria e influenzerà le successive risposte aprendo margini di possibilità all’adattamento creativo.

I processi decisionali saranno altresì caratterizzati da questo principio. Non sempre vi è un elevato grado di consapevolezza nelle differenti forme di apprendimento, molte di esse sono retaggio di memorie costruite nel passato dell’infanzia, schemi di movimento, automatismi in cui l’attività corticale è poco partecipe, motivazioni ad agire che hanno radici profonde, nascoste, rimodellate razionalmente da una coscienza che rifiuta ogni crepa alla sua unitarietà.

A stabilire ciò che deve o non deve aver luogo è una elaborazione inconsapevole e profonda (Mauro Maldonato Quando decidiamo – Orizzonti 2015 p 98) di cui la coscienza non è l’origine, ma solo la rappresentazione esterna; una risposta rapida che difficilmente potrebbe essere consegnata al controllo cosciente.

L’ipotesi del marcatore somatico di cui Damasio parla è ciò che può determinare la natura della riposta davanti a determinati stimoli poiché lo stato emozionale e corporeo si fa tramite dello stato di preallarme o di disponibilità davanti a un determinato richiamo ambientale influenzandone la percezione. (Antonio Damasio L’errore di Cartesio – Adelphi 2012 – pp 271-279)

Non a caso il linguaggio sostiene Umberto Galimberti, ha  infatti sempre adoperato, sia nel dolore che nella gioia metafore corporee per rendere chiara la fisicità di un vissuto. (Presentazione al libro di Enzo Soresi Il cervello anarchico p. XVII)

L’evoluzione dell’apprendimento all’interno di un contesto sociale e culturale adeguatamente stimolante che non sia povero e deprivante ma neanche sovraccarico, consente di creare un solido bagaglio di memorie e anticipazioni degli eventi attraverso il filtro dell’attenzione e meccanismi sensoriali e motori pronti a selezionare la migliore risposta in tempi tali da salvaguardare sempre l’incolumità di chi agisce.

Solo l’evento inatteso coinvolgendo necessariamente la coscienza potrà rallentare tale comportamento perché il soggetto sia messo cautamente nelle condizioni di rispondere in modo appropriato al nuovo stimolo per poi registrare anche questa ulteriore esperienza e integrarla al pregresso. (Stanislas Dehaene Coscienza e Cervello Raffaello Cortina Editore 2018 pp 42-43, 177-178) I meccanismi dei circuiti sottocorticali, come le regole messe in atto dai gangli della base durante il controllo motorio, non si differenziano pertanto da quelli necessarie a descrivere i processi cognitivi, in una complessa sintassi di sequenze programmate, ma modificabili e imprevedibilmente adattabili e creative secondo il principio della condizione umana e  della logica cieca dell’evoluzione. (Philip Lieberman La specie imprevedibile – Carocci Editore 2016 pp 25 – 217)

Il sapere neuropedagogico diventa quindi conoscenza dell’evoluzione dei circuiti cerebrali che generano apprendimento consapevole come inconscio, processi decisionali, percezioni e interpretazioni, coinvolgimento pieno delle emozioni e dei sentimenti come parte integrante della storia  evolutiva di ciascun individuo e tutto ciò ai fini della pratica educativa fortemente individualizzata e contestuale che tenga conto della biologia umana, della sua genetica, del suo retaggio antropologico culturale, e delle possibilità che ciascuno uomo porta con sé, con la piena consapevolezza che se l’educazione ha il compito di dare forma al cervello (Oliverio 2017), la plasticità che lo contraddistingue trova il suo strumento di rimodellamento e apprendimento nel corpo, nella concretezza del tatto e dell’azione motoria senza i quali il pensiero e l’attività cognitiva si indebolirebbero inesorabilmente, a dispetto di qualsiasi possibile traguardo tecnologico che vuole il sistema visivo umano come unico avamposto dell’attività mentale scarsamente integrata nel restante equipaggio sensoriale e sempre più  al servizio di una realtà astratta e piuttosto mistificata.

La plasticità neuronale consente alla prospettiva neuropedagogica di ridisegnare le possibilità concesse all’educazione di rimodellare il futuro del divenire umano.

Bibliografia :

Francois Ansermet  Pierre Magistretti A ciascuno il suo cervello – Bollati Boringhieri 2016

Francois Ansermet  Pierre Magistretti Gli enigmi del piacere – Bollati Boringhieri 2012

Antonio Damasio L’errore di Cartesio – Adelphi 2012

Antonio Damasio Lo strano ordine delle cose – Adelphi – 2018

Stanislas Dehaene Coscienza e Cervello Raffaello Cortina Editore 2018

Stanislas Dehaene I neuroni della lettura – Raffaello Cortina Editore – 2007

Philip Lieberman La specie imprevedibile – Carocci Editore 2016

Beau Lotto – Percezioni – Bollati Boringhieri 2017

Alberto Oliverio Il cervello che impara – Giunti – 2017

Alberto Oliverio La vita nascosta del cervello – Giunti 2013

Mauro Maldonato Quando decidiamo – Orizzonti 2015

Giacomo Rizzolatti So quel che fai – Raffaello Cortina Editore 2006

Oliver Sacks – Un antropologo su Marte – Adelphi 1995

Enzo Soresi Il cervello anarchico 2013 – UTET

Condividi L'articolo

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Lascia un commento

Se sei sincero con te stesso, è inutile continuare a leggere puoi: